È il gioco dei potenti: affari, politica e morale. I registi del potere italiano, i Memmo* e i politici loro soci, detengono le redini. Non c’è dubbio: essere potenti rende più facile ottenere aiuti finanziari e pubblici, utili per non soccombere nei momenti di difficoltà.
Il potere è la capacità di influire sul comportamento altrui e di controllare i mezzi (la forza, le idee e la ricchezza) per esercitare tale influenza. Ecco perché nessun potere esiste senza capri espiatori: esso si costruisce sempre per sottrazione, per disvalore, per sofferenza altrui. Il potere non è mai divisibile. In ogni scalata, il potente scopre il colpevole sulle cui spalle poggiare il primo piede e si muove sempre verso la foce del fiume, lavorando a favore di sé e della corrente (politica/economica).
Perciò, il problema centrale per i “nuovi entranti” (indispettiti perché non erano invitati nelle “case delle grandi famiglie politiche”) è il “riconoscimento”: cioè il fatto che gli uomini nuovi, le classi nuove, il Paese Giallo/Rosso aspirano a essere riconosciuti.
Allora, bisogna concludere che sarebbe sciocco, dopo queste considerazioni, attendersi che un qualsiasi nostro contributo, sotto forma di discorso, possa aggiungere un iota, per quanto piccolo, alla moralità nazionale. Tutt’al più, può servire l’esempio che, in una comunità, è augurabile che quasi tutti rispettino certe regole di comportamento.
“Anch’io, un tempo, mangiavo così; poi ho imparato”, disse M. Perciò, quando nuove classi salgono la scala sociale e politica, e arrivano a posti di comando, il galateo e la competenza devono essere continuamente imparati da capo. L’ignoranza e l’incapacità si notano anche ora. Allora, almeno, i personaggi emergenti cercavano di imparare.
Iota = jod, “mano”: così piccolo che veniva eliminato per risparmiare spazio, cioè nemmeno il minimo dettaglio verrà eliminato dalla Torah.
I Memmo furono una casata patrizia veneziana, compresa tra le famiglie apostoliche (ovvero quelle che elessero il primo doge Paoluccio Anafesto). La tradizione li fa discendere dalla gens romana dei Memmi.
CHI SONO I MANOVRATORI DEL POTERE DI QUESTO PAESE?
Per molti, è un sistema, una volta chiamato la “razza padrona”. Oggi, è un network, una sorta di rete, un gruppo di individui connessi tra loro da legami e poteri diversi, che proteggono il “sistema” e da questo sono protetti (e aiutati, con la forza del potere economico e politico). Alla legalità ufficiale si è contrapposta una “legalità” sotterranea, ora di destra ora di sinistra. Ecco perché il sistema resiste e la verità sul passato rimane indicibile. Anzi, non c’è alcuna verità da rivelare e gli eventi non sono un grande disegno, ma vanno considerati ognuno corrispondente a una sua logica.
Intendiamoci, non siamo così ingenui da ignorare che il potere è di per sé segreto. Il controllo degli altri senza essere controllati è sempre stato un fine, più che un mezzo, del potere. Gli arcana imperii hanno fatto la storia, anche la nostra unità, da Cavour a oggi. Ma non siamo stati capaci di prevedere la sua diffusione trasversale e il suo intreccio politico ed economico, cioè la zona franca, in cui vigeva la sospensione della legalità in nome dell’Occidente, si è fatta struttura.
Pertanto, siamo un Paese a sovranità limitata, che vive una grigia aurora di democrazia. Niente di misterioso: semplicemente centri di potere che prendono possesso delle strutture del Paese, con l’accordo ora degli USA, ora dell’Europa e prima dell’URSS, per costruire posizioni e accumulare ricchezze e potere.
Quindi, oggi, nel “nuovo” organismo politico che, unitamente agli esponenti del vecchio sistema, è parte integrante, la verità resta ancora impronunciabile?
Nota:
Sintesi di alcune pagine 351-370 del libro Il grande vecchio di Gianni Barbacetto.
L’espressione arcana imperii significa letteralmente “i segreti del potere” o “i principi del potere”. Essa si ritrova in due passi dell’opera di Tacito, nelle Historiae (I, 4) e negli Annales (II, 36).
COMMENTO
Il “sistema”, grande manovratore della politica, instabile e incerta, tra intrighi, complotti, affaristi e ricattatori, con uno Stato imprenditore pletorico e inefficiente, e una “borghesia di stato” tanto dialogante e ossequiente con la politica quanto determinata nel ricavarne benefici per i propri affari. Dunque, molte spiegazioni si trovano in quegli anni di “razza padrona” e anche nei tempi recenti.
Viviamo, del resto, un tempo di ipocrisia e di perenne conflitto, dove la discussione assume toni offensivi, soprattutto sui social. Viviamo in un’epoca di persone arrabbiate, frustrate e soprattutto stanche. Persino il potere religioso è diviso; la frammentazione è arrivata persino nei luoghi del sacro!
ASSALTO AL POTERE DEL BUFFET
Giorni fa sono stato invitato a un party, e subito mi sono venute in mente le immagini dei deputati al buffet di Montecitorio. Mi sono chiesto:
“La vita è un grande banchetto. Lo spettacolo è avvilente. Sarà capitato anche a voi. Avete sicuramente sperimentato che, di fronte a un buffet gratuito, le persone dimenticano di essere il risultato di un’evoluzione”.
Quando parte l’assalto ai tavoli del banchetto, si scatena il martirio gastronomico, scandito da gomitate e spinte, inframezzate da scuse ipocrite. E non sempre le pietanze servite sono di nostro gradimento. Archiviamo ogni regola di buona educazione e cerchiamo la posizione strategica per ritrovarci al primo posto davanti al buffet. E se accettiamo di sederci in un punto più defilato, è solo perché siamo usciti sconfitti nella corsa al buffet!
Soprattutto, cerchiamo un posto dove stare bene in vista, per essere riconosciuti e gratificati. Ogni giorno chiediamo al mondo di rassicurarci e affidiamo la nostra stima alle attese degli altri. Perciò, bisognerebbe capire perché la nostra mente decide che il cibo gratuito sia più gradevole… Sarà vero? Sta di fatto che, a un buffet, proviamo quasi tutto, anche ciò che non conosciamo.
Quindi, il banchetto a cui partecipiamo non è un luogo in cui guadagnare, ma è il luogo in cui disobbligarsi. Altrimenti, è il segno che la relazione di reciprocità non funziona più.
Infine, se vogliamo fare della nostra vita una festa, NON vivete da mangioni che siete.