Perciò, oggi ha senso cavalcare la tigre?

È legittimo chiedersi se una tale metafora sia realmente adeguata all’atteggiamento dell’uomo di oggi nei confronti del potere e delle tendenze distruttive del mondo attuale. Per molti, vale il detto di un grande antesignano: “Il deserto cresce. Guai a colui che cela in sé il deserto!”. Infatti, all’esterno egli non trova più alcun appoggio e, alla fine, la tigre disarcionerà i suoi cavalcatori e continuerà a correre verso altre “savane”.

Perciò sì, la metafora suggerisce non di affrontare la tigre o tentare la fuga, ma di saltarle in groppa e correre su di lei, per non essere dilaniati. Come scriveva J. Evola: “…mantenendo la presa, può darsi che, alla fine, di essa si abbia ragione”.

Questo simbolismo può essere riferito anche all’atteggiamento da assumere di fronte a situazioni critiche, storiche e collettive di questa società. Si vuole mostrare come l’uomo attuale, consapevole di una realtà interiore, possa non soltanto sopravvivere nell’atmosfera antitradizionale di questa società globalizzata, ma possa persino utilizzarla per il proprio fine spirituale e pratico, secondo la nota metafora: se non si lascia disarcionare, finirà per domarla.

È vano mantenere le forme e la struttura di una civiltà che ha ormai compiuto il suo corso; l’unica cosa possibile è condurla verso un “nuovo spazio libero”, che potrebbe essere la premessa di una nuova azione formatrice, anche con una piccola legione di individui disposti a battersi.

Il tema centrale di *Cavalcare la tigre* di Julius Evola è la sopravvivenza del singolo individuo in un mondo che si sta sgretolando sotto i colpi del positivismo e dello scientismo imperante, che stanno quantificando ogni aspetto del reale, facendo perdere all’uomo e al mondo il loro vero significato, ossia la loro essenza metafisica.

Il punto culminante di tale processo è il nichilismo, inaugurato dal noto verdetto di Nietzsche: “Dio è morto”. La morte di Dio segna la fine dei valori trascendentali che hanno perennemente dato un senso alla vita del singolo; con la morte di Dio, l’uomo si trova a portare un peso abnorme: la ricerca di un senso e di un fondamento della morale. L’uomo è costretto ad andare “oltre Dio”, a “varcare la linea” (per usare un’espressione jungeriana), e questo “andare oltre” può sgretolare ogni realtà. In mezzo alle rovine, però, può sorgere un uomo superiore.

Da Sapere.it

In politica, “cavalcare la tigre” è un’espressione che evidenzia lo svantaggio che si avrebbe se si tentasse di interrompere a metà un’iniziativa o un’impresa importante, inizialmente promossa con grande dispiego di forze. L’immagine è molto incisiva, poiché la tigre, per la sua ferocia, è un animale da temere. Non è razionale pensare di poterla cavalcare, ma allo stesso tempo non si può nemmeno pensare di scendere dalla sua groppa durante la corsa, perché sarebbe troppo pericoloso e il rischio di uscirne con gravi danni sarebbe troppo alto.

In definitiva, dunque, cavalcare la tigre è un modo per esprimere la rassegnazione che ci pervade quando partecipiamo a un’iniziativa arrischiata, rimanendone prigionieri e subendone le conseguenze fino in fondo.