È senza dubbio il nostro tempo a preferire l’apparenza all’essere. Nel mondo realmente rovesciato, il VERO è un momento del falso.
Ecco perché l’uomo saggio circoscrive attorno a sé un cerchio per tutelare le persone che stanno al suo interno (altruismo).
Ed è anche vero che un anello è un cerchio, che può rappresentare la completezza del tutto. Ma, proprio in quanto cerchio, il suo interno è costituito dal nulla del vuoto.
Pertanto, quello che più interessa in questo post è il potere dell’anello o noto servizio.
Per me, sono le ricerche storiche pregresse che non devono costituire un giudizio a priori, ma una guida flessibile per orientare la ricerca.
Perciò, che cos’è il Noto Servizio (o Anello, o Unità operativa, o SID parallelo)? In Italia si sapeva dell’esistenza di apparati d’intelligence di Stato (SIFAR-SID, UARR, SIOS, Ufficio «I» della GdF, ecc.) e di altri considerati “paralleli” (P2, Gladio, Supersismi). Si era a conoscenza di trame eversive e di svariati golpe, a volte tentati, a volte rinviati, a volte solamente minacciati.
La ‘sovranità’ limitata dell’Italia, per effetto del controllo diretto degli Alleati, vincitori del II conflitto mondiale, e l’effetto deviato di ‘Demagnetize’ che vincolava i Paesi aderenti al Patto Atlantico a creare reti e strutture, ecc.
Il “Piano Demagnetize” fu pubblicato per la prima volta nel libro di Roberto Faenza (1978); si trattava di un memorandum ‘top secret’ del Comando Generale di Stato Maggiore del governo americano, datato 14 maggio 1952, che, anni dopo, l’ex comandante partigiano, il gen. Giovanni De Lorenzo, sottoscriverà a nome dell’Italia, nel momento in cui diverrà responsabile del SIFAR. È molto probabile che Demagnetize sia da considerarsi come una pianificazione nel ‘quadro’ entro cui si è collocata anche Gladio.
Nell’autunno del 1970 alla guida del SID arriva il gen. Vito Miceli, un esperto di intelligence, legato ad Aldo Moro e nemico giurato di Giulio Andreotti.
Ebbene, il Noto Servizio era uno degli anelli della catena. Dunque, la sua scoperta impone di ristudiare tutto.
Il termine “anello” non compare in alcun atto, ma è citato da alcuni appartenenti all’organizzazione che si attribuiscono il ruolo di anello di congiunzione tra i servizi segreti e la società civile, che con Andreotti è sì un protagonista eccellente, ma nella storia della Repubblica non gioca il ruolo del ‘grande burattinaio’. Il divo Giulio è come il ‘cavallo negli scacchi’: abile a saltare in tutte le direzioni, ma incapace di azioni a lungo raggio.
Il fatto ha inizio nel 1996, quando un poliziotto-collaboratore di Aldo Giannuli, consulente parlamentare e giudiziario, docente di Storia e, soprattutto, esperto di servizi segreti, trova una nota riservata datata 1972 e una serie di documenti in un archivio dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, abbandonato sulla via Appia Nuova, a Roma. La nota comincia così: “Questa è la storia di un servizio informazioni che opera in Italia dalla fine della guerra e che è stato creato per volontà dell’ex capo del SIM, gen. Roatta, ex capo del Servizio informazioni militare (SIM). Fuggito a Brindisi dopo l’Armistizio di Cassibile insieme al re Vittorio Emanuele III, riuscì a coinvolgere alcuni suoi vecchi sottoposti a seguirlo nella formazione del primo nucleo di questa nuova organizzazione, che nel 1945 lo aiutò ad evadere dall’ospedale militare in cui era detenuto e a fuggire in Spagna. Dopo la Liberazione, la struttura passò direttamente nelle mani degli Alleati, e a dirigerla fu incaricato l’ufficiale di origine polacca Solomon Hotimsky, nome in codice ‘Otimsky’.”
Come risulta dalla documentazione, sembra che nel 1972 la struttura fosse operativamente diretta da Adalberto Titta, ex aviatore della Repubblica di Salò, morto per infarto nel 1981, amico dell’avv. Francesco Gangemi di RC e legale di Raffaele Cutolo, che lo presentò per l’affare Cirillo. Sempre secondo le carte scoperte da Giannuli, fecero parte della struttura il celebre investigatore privato Tom Ponzi, l’estremista di destra Gianni Nardi, il deputato Massimo De Carolis e il giornalista e senatore del MSI Giorgio Pisanò. Dall’inchiesta emerse che la struttura veniva utilizzata essenzialmente per operazioni di condizionamento politico: dossieraggio, campagne di disinformazione e interventi diretti in molti scandali economici.
Secondo gli inquirenti, l’Anello ebbe un ruolo in molte vicende oscure nell’Italia di quegli anni.
Secondo alcuni testimoni, a partire dal 1964, politicamente l’Anello faceva riferimento direttamente alla figura di Giulio Andreotti. Era, infatti, l’interfaccia politica di questa struttura. Durante gli interrogatori condotti dalla Procura di Brescia, Michele Ristuccia, uno degli aderenti alla struttura, dichiarò che l’Anello «dipendeva direttamente dalla presidenza del Consiglio». In un’intervista rilasciata il 15 febbraio 2011 a Raffaella Fanelli e Mauro Consilvio, pubblicata dal settimanale Oggi, anche l’ex maestro venerabile della loggia massonica P2, Licio Gelli, confermò in un certo qual senso questa indiscrezione, dichiarando che: “Io (Gelli, ndr) avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello.”
I° COMMENTO
Possiamo dire di Andreotti che è stato il suo costante tentativo di tenersi al centro della ‘scacchiera’ a portarlo a essere convinto della centralità del potere (che ‘logora chi non ce l’ha’). Non ha mai creduto nella possibilità di fare politica come ‘profeta disarmato’.
Il Noto Servizio o Unità Operativa fu uno degli strumenti della sua azione politica.
Oggi possiamo solo ipotizzare quale sia stato il ruolo del Noto Servizio in vicende come il golpe Borghese o il sequestro Moro, ecc.
Ma quello che invece rimane da spiegare è come il silenzio sia durato molto dopo i fatti. Nessuno ha mai ritenuto di parlarne. Un ‘segreto condiviso’ della casta politica, economica e religiosa.
D’altro canto, se gli uomini del sistema non sono stati capaci di verità, anche i loro aspiranti eversori non sono stati da meno, scrive A. Giannuli. Praticamente, al di là di due o tre, non sono in molti ad essersi presentati all’appuntamento con la verità. E con il loro persistente silenzio, servono ancora oggi quella classe politica che li utilizzò. Anche loro sono parte del silenzio condiviso.
Mino Pecorelli, nel 1977, fa alcuni accenni a questa struttura prima della sua scoperta, avvenuta casualmente da parte di Aldo Giannuli, incaricato dal giudice Salvini di reperire documenti riguardanti la strage di piazza Fontana. In un archivio del Ministero dell’Interno, sulla circonvallazione Appia a Roma, Giannuli ritrova una velina del 4 aprile 1972, denominata “Fonte Dario”: in sette cartelle si racconta di un’entità segreta sconosciuta, il Noto Servizio appunto.
Indagando sulla strage di piazza della Loggia, Giannuli approfondì le conoscenze: la “Fonte Dario” è il nome di copertura di Luciano Menegatti, confidente dell’Ufficio Affari Riservati; redattore della velina è il giornalista Alberto Grisolia, la “Fonte Giornalista” della Squadra 54 dell’ufficio milanese degli Affari Riservati.
Dunque, una struttura informale, con coperture e finanziamenti istituzionali, e senza neppure un nome. Nei documenti ritrovati è indicato genericamente come “Noto Servizio”.
Dai documenti ritrovati nell’archivio, Giulio Andreotti risulterebbe il principale beneficiario politico della struttura.
Peccato non disporre di ulteriori informazioni su quest’ultimo mistero italiano… sempre che quest’entità sia l’ultimo “anello mancante” della catena che ha imprigionato l’Italia durante la Guerra Fredda.
Sintetizzando, Adalberto Titta (descritto nella prima parte del post) è la spia che ha vissuto la sua intera vita nell’ombra, a capo di un’organizzazione segreta dai contorni sfuggenti. Nel 1977 ne troviamo traccia nella rocambolesca fuga di Herbert Kappler.
Insieme a Kappler fuggono dall’ospedale anche il colonnello Amos Spiazzi, protagonista del piano eversivo noto come Rosa dei Venti, e il capitano Salvatore Pecorella, coinvolto nel Golpe Borghese. Un uomo inserito nei gangli dello Stato e, forse, del potere, in stretta connessione con la politica. Il capo operativo di Anello partecipa infatti alla creazione del Partito Popolare Italiano di Volturno Morani.
Di Adalberto Titta si sa poco altro e non esistono fotografie, se non quella posta sulla sua lapide. Un uomo che ha vissuto la sua intera esistenza nell’ombra, a capo di una struttura dai contorni sfuggenti, la cui presenza emerge in controluce in tanti altri episodi chiave della storia repubblicana.
Un personaggio scomodo era anche il colonnello Antonio Varisco, comandante del Nucleo Tribunali, Traduzioni e Scorte, e dal 1976 del Reparto Servizi Magistratura a Roma, amico stretto di Mino Pecorelli, ucciso nella Capitale la mattina del 13 luglio 1979.
La sua stessa morte resta avvolta nell’ombra. Ufficialmente muore per un attacco cardiaco il 27 novembre 1981 nell’ospedale di Orvieto. La sera precedente è a cena con il colonnello Federigo Mannucci Benincasa, ufficiale dei carabinieri, membro del Sifar, l’antenato del Sismi. (5)
MENTRE, chi era davvero Giulio Andreotti? Giannuli, con la consueta perizia, seguendo le tracce di colui che più di ogni altro è stato protagonista indiscusso di quei fatti, ci guida nelle stanze del potere, illuminando ciò che si è sempre voluto mantenere oscuro e non tremando di fronte ai momenti più scabrosi.
Infine, la chiave di lettura di quello che si sta per raccontare, dice Renzo Paternoster, è nella doppia politica praticata dallo Stato, che ha permesso a diversi centri di potere di adottare politiche antidemocratiche. Gladio, loggia P2, servizi segreti deviati, politici corrotti e collusi sono tutti attori che hanno contribuito a scrivere pagine di storia italiana vergognose, decidendo le scelte di politica interna e internazionale, ma anche di politica economica, industriale e sociale di tutto il Paese.
Tutto quello che accade in Italia durante il periodo della Guerra fredda rientra nella logica politica decisa dagli Stati Uniti d’America, dall’Unione Sovietica e dall’Inghilterra a Mosca nel gennaio del 1944 e a Yalta nel febbraio del 1945. In questo periodo, l’Italia assume un ruolo delicatissimo sullo scacchiere mondiale, rappresentando il confine geografico tra l’Ovest e l’Est del mondo, e avendo ai piedi dello stivale il mar Mediterraneo.
L’esistenza di questo apparato segreto della politica è stata approfondita dal professor Giannuli. Così, ben presto, realizzò che la “Fonte Dario”, nome di copertura di Luciano Menegatti, confidente dell’Ufficio Affari riservati, non era l’estensore del documento. Il vero redattore era, invece, il giornalista Alberto Grisolia, la “Fonte Giornalista” della Squadra 54 dell’ufficio milanese degli Affari riservati. Per la mole delle informazioni contenute, Grisolia o disponeva di una buona rete di fonti o riferiva su episodi di cui aveva conoscenza diretta; quindi, egli stesso aveva fatto parte, anche per un breve periodo, dell’Anello.
Il generale si dichiarò subito disponibile a cedere il “suo” servizio segreto civile in cambio della fuga. L’esfiltrazione di Roatta si realizza tra il 4 e il 5 marzo 1945, mentre il processo era ancora in corso. Il generale fu rifugiato dapprima in Vaticano e poi trasferito con sua moglie nella Spagna franchista. Riguardo alla fuga di Roatta, il 6 marzo 1945 Giuseppe Saragat scrisse sull’“Avanti!” (quotidiano storico del Partito Socialista Italiano): «Il suo silenzio era d’oro per molte persone».
L’Anello, dunque, passa probabilmente nelle mani degli americani. A dirigerlo è un ufficiale di origine polacca, Solomon Hotimsky, dell’armata del generale Anders. Nella velina del 4 aprile 1972 si accenna a trasformazioni nel corso del tempo e, quindi, in quell’anno, in cui Alberto Grisolia scrive, il gruppo iniziale di questa entità è radicalmente cambiato. In quell’anno, a dirigere operativamente l’Anello è probabilmente Adalberto Titta, ex pilota dell’Aeronautica della Repubblica di Salò e imprenditore. L’entità ha due gruppi: uno più numeroso nel nord dell’Italia e uno più piccolo nella zona di Roma. I due gruppi avrebbero avuto una certa autonomia l’uno dall’altro, pur essendo entrambi coordinati da Adalberto Titta.
La sede principale dell’Anello è in un palazzone situato nel centro di Milano, tra via Statuto e via Lovanio, a meno di centocinquanta metri dalla caserma dei Carabinieri di via Moscova. A pochi passi da queste due sedi si trova anche la chiesa di Santa Maria degli Angeli, tenuta dai frati francescani dell’attiguo convento. In questa chiesa, il frate Enrico Zucca, che poi ritroveremo in molte vicende oscure, esercita una notevole autorità. Potente frate francescano minore milanese, entrato nelle cronache per aver trafugato la salma di Benito Mussolini.
A oggi, questa è la storia conosciuta dell’entità Anello, l’impresa per i lavori sporchi della Repubblica, la struttura segreta in grado di orientare per cinquant’anni la storia d’Italia, intervenendo negli intrichi della vita politica ed economica del Paese. Purtroppo, non si dispone di ulteriori informazioni per ricostruire le reali attività di questa entità. Peccato, perché capire cosa realmente ha fatto, oltre ai fatti noti, consentirebbe di trovare l’“anello” mancante per ricostruire autenticamente le vicende italiane durante la Guerra fredda… sempre che il Noto Servizio sia davvero l’ultimo misterioso “anello” della Prima Repubblica.
II COMMENTO
Per Andreotti, la “verità parziale” non è una bugia. È uno strumento inevitabile del potere e, di più, è parte integrante della vita.
Non bisogna rivelare i propri piani, ma tenerli nascosti, lasciarli lievitare all’insaputa di tutti: perfino delle persone più vicine, perfino di se stessi.
Sarebbe difficile dire cose che contraddicano quelle già dette. E ci sono verità che non possono essere rivelate. Molte cose fanno pensare che, con il silenzio, si sia pagata la salvezza, per esempio da parte delle BR.
Infatti, la domanda è: perché le BR hanno distrutto i manoscritti originali di Moro e perché nulla di ciò che disse lo statista fu reso noto agli italiani, così come avevano promesso nei comunicati? Qualcuno li ha garantiti…!
Gli anelli del potere
Simbolo di potere, d’impegno, di forza e d’amore, l’anello continua ad affascinare da sempre l’immaginario collettivo.
Il loro primo utilizzo risale all’antica India nel terzo secolo a.C. Antichi reperti archeologici hanno riportato anelli con scarabei indossati dall’aristocrazia nell’antico Egitto, portati come simbolo di eternità e vita dopo la morte.
La civiltà greca, invece, li utilizzava spesso per suggellare affari e accordi, realizzandoli in argento e bronzo. Al contrario, i romani preferivano impreziosirli con gemme ovali. La tradizione e il simbolismo legato agli anelli sono mutati parecchio nel corso dei secoli.
- Il potere dell’anello:
a) Nato come sigillo, l’anello ebbe grande valore poiché da esso deriverebbe il significato simbolico di autorità e potere;
b) Un pegno d’amore, nei fidanzamenti e nei matrimoni come augurio di stabilità ed eternità, col nome di vinculum e anulus pronubus;
c) Per via della sua forma circolare, è simbolo di eternità, ma ha anche un legame con la vita terrena. Un tempo, infatti, si usava sfilare gli anelli dalle mani dei defunti per permettere loro di abbandonare la terra ed ascendere al cielo;
d) L’anello è anche connesso alle alte cariche religiose. L’esempio più noto è l’anello del Pescatore del pontefice, introdotto nel 1265 da Papa Clemente IV, che testimonia il legame tra il Papa, successore di Pietro, e la Chiesa. L’ispirazione per la creazione di questo anello deriva dal Vangelo di Luca 5,1-11;
e) Nella leggenda di Prometeo, Zeus decise di non opporsi alla liberazione del titano, ma gli impose di indossare al dito un anello della catena in cui era incastonato un frammento della roccia della montagna a cui era stato legato, come perenne simbolo della sua punizione e della sottomissione al padre degli dèi.
Non per nulla, uno dei gesti più noti di riconoscimento, sottomissione e omaggio all’autorità di una persona è proprio il bacio dell’anello.
- Il potere degli Anelli, basato sul romanzo Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, è ambientato nella Seconda Era della Terra di Mezzo:
Narya (l’Anello del Fuoco, che alla fine è stato donato a Gandalf, Signore degli Anelli e membro dell’ordine degli Istari, una delle cinque entità angeliche inviate per aiutare nella lotta contro il male), Nenya (l’Anello dell’Inflessibilità) e Vilya (l’Anello dell’Aria).
L’Anello fu realizzato dal Signore Oscuro Sauron con l’intenzione di rafforzare il proprio potere. Egli voleva creare un oggetto in grado di controllare tutti gli altri Anelli del Potere forgiati in precedenza, che erano stati distribuiti a Elfi, Nani e Mortali. In questo modo, Sauron sperava di ottenere l’egemonia su tutte le razze della Terra di Mezzo.
Il potere primario dell’Unico Anello era dunque il controllo sugli altri anelli, inclusa la padronanza dei loro poteri e il dominio sulla volontà dei loro possessori. Tuttavia, essendo stato forgiato con l’essenza del Signore Oscuro, solo quest’ultimo è in grado di esercitarne tutta la potenza, ecc. ecc.
Oppure, fa venire in mente la scena della morte di Alessandro Magno nel film Alexander di Oliver Stone, nella quale il più grande conquistatore del mondo antico si sfila dal dito e solleva il suo anello con le ultime forze, e infine, esanime, allenta la presa lasciandoselo scivolare di mano.
In questa scena, l’anello è una metafora perfetta del “potere”, che, con la morte del suo detentore, lo abbandona per finire nelle mani di qualcun altro.