L’Orologio della Vita e L’Orologiaio Dio

Un orologio aiuta a dare un senso più alto al tempo e a capire in quale punto dell’“orologio vitale” ci troviamo. Di conseguenza, ogni istante dovrebbe essere vissuto consapevolmente e intensamente.

Quando un quadrante racchiude il senso di una comunità:

Il mio, il vostro tempo: l’orologio ci rende padroni delle ore; rassicura su ciò che è trascorso, ci collega al passato ed è certezza del tempo presente, di noi che siamo nel tempo. Scandisce il ritmo della giornata: è ansia e fermento del presente, ma anche incognita e attesa del futuro. Ci saremo?

Un orologio contiene in sé il tempo andato, quello che scorre e quello che (forse) verrà. È l’incrocio tra il tempo individuale e quello collettivo: sappiamo che quell’ora non batte solo per noi, ma regola i ritmi dell’intera comunità.

Così l’orologio squarciato del campanile di Finale Emilia, fermatosi dopo il sisma, ha mandato in frantumi il sentire comune e il vivere sociale: un fermo immagine che costringe a ricominciare dalle macerie. Solo quando il quadrante tornerà a funzionare si potrà riprendere la vita di sempre.

Nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze, si trova invece un orologio affrescato da Paolo Uccello: regolato su 24 ore, ha una sola lancetta che gira in senso inverso rispetto a quelle di un orologio tradizionale e indica la cosiddetta “ora italiana”, cominciando trenta minuti dopo il tramonto, con tre ore di differenza rispetto al sistema cui siamo abituati.

Furono i Babilonesi che, verso il 2500 a.C., divisero il giorno e la notte in dodici parti ciascuno: la base del nostro modo di contare le ore.

Molti scienziati, esperti di fisiologia della misurazione del tempo, si riunirono poi in un convegno dal quale nacque la cronobiologia. Questa disciplina dimostrò che l’uomo possiede un proprio orologio interiore: l’orologio centrale, situato nel cervello, in un’area chiamata nucleo soprachiasmatico (SCN).

Negli esseri umani, lo SCN si trova a pochi centimetri dietro la radice del naso ed è formato da circa 50.000 cellule. Lo SCN, grazie alla sua connessione con i nervi ottici – e quindi per mezzo della luce – coordina il ritmo sonno-veglia del corpo.

Nel primo secolo dopo Cristo, gli ateniesi misuravano il tempo alla Torre dei Venti, dove l’acqua gocciolava da un contenitore a ritmo quasi costante. Anche le cascate sono orologi che consumano la roccia in maniera lenta e instancabile: l’entità del godo consente di determinare l’età della cascata.

Anche il nostro corpo è pieno di orologi: il cuore, per esempio, batte circa una volta al secondo, le unghie e i capelli crescono regolarmente col passare del tempo (quando sento i baffi che mi pizzicano il labbro superiore, significa che non li spunto da sei settimane) e il cervello percepisce benissimo la differenza tra una lezione breve e una lunga, anche senza controllare l’ora.

Tutti questi fenomeni sono orologi. Quelli biologici non sono i più accurati (i battiti del cuore, per esempio, accelerano quando corriamo), ma registrano comunque il passaggio del tempo.

Quante volte abbiamo detto “Non ho tempo”? Ma cos’è il tempo? Che uso facciamo del nostro tempo? È poco? È molto? È giusto? Siamo davvero padroni del nostro tempo?

È l’uso che facciamo e l’importanza che diamo al nostro tempo che fa la differenza tra una giornata bella e intensa o brutta e noiosa.

Un altro errore frequente che spesso commettiamo è quello di proiettare la mente troppo al futuro (al tempo che sarà), creando un turbinio di emozioni che di frequente provocano stati ansiosi. O ancora, siamo portati a rimuginare su eventi e storie del passato (sul tempo andato), che non fanno altro che innescare angosce e sensazioni a volte spiacevoli. In altre parole, ci distraggono dall’essere presenti qui ed ora e dal dare la giusta e sacrosanta importanza al tempo che stiamo vivendo in questo momento.

NOTE
Sintesi articolo di Paolo Di Stefano su Corriere orologi – Corriere della Sera del 31 maggio 2013
(1) Pag. 57 e 59 del libro di Olivier Marchon “Il 30 febbraio”
** Pag. 62, 123, 126 dal libro di Werner Kinnebrock “Dove va il tempo che passa”
*** Sintesi articolo di P. Lupia, psicologo (CZ) “L’orologio della vita” da https://www.psicologi-italia.it/

Mio Commento

Il tempo a cui siamo abituati nella vita di tutti i giorni è il tempo solare. L’unità fondamentale del tempo solare è il giorno, ovvero il tempo impiegato dal Sole a percorrere 360 gradi nel cielo, come effetto della rotazione terrestre.
Le unità più piccole di tempo solare non sono altro che suddivisioni di un giorno:
1/24 di un giorno = un’ora, 1/60 di ora = un minuto, 1/60 di minuto = un secondo.
La Terra, però, non compie un giro di 360 gradi su sé stessa in un giorno solare. Essa è in orbita attorno al Sole; perciò, dopo aver compiuto un giro completo su se stessa, si sarà anche spostata “in avanti” nel suo moto di rivoluzione. Questo causa un apparente costante “ritardo” del Sole, e il giro della Terra per riaverlo nella stessa posizione dev’essere più lungo di un grado, ovvero di quattro minuti in tempo solare.

Per questo motivo, in astronomia, si usa il giorno siderale, che elimina la complicazione dell’orbita terrestre attorno al Sole e si basa solo su quanto tempo la Terra impiega a ruotare di 360 gradi rispetto alle stelle. In media, è quattro minuti più corto di un giorno solare, a causa del grado in più. Invece di definire un giorno siderale della durata di 23 ore e 56 minuti, definiamo ore, minuti e secondi siderali come frazioni del giorno, uguali a quelle dei corrispettivi solari. Così, un secondo solare dura 1,00278 secondi siderali.
Il tempo siderale è utile per determinare dove si trovano le stelle in un certo istante. Ecc.
Da Wikipedia

***Inoltre, non ci rendiamo conto che il tempo non si può recuperare. Quel tempo, come diceva Seneca, indaffarati nel fare altro da quello che dovremmo, non verrà mai più restituito.
Già Seneca, 2000 anni fa, si occupò di come usiamo il nostro tempo. In una delle più belle lettere indirizzate all’amico Lucilio, scrisse: “… persuaditi che le cose stanno come ti scrivo io: alcune ore ci vengono sottratte da vane occupazioni, altre ci scappano quasi di mano; ma la perdita per noi più vergognosa è quella che avviene per nostra negligenza. Se badi bene, una gran parte della vita ci sfugge nel fare il male, la maggior parte nel non fare nulla, tutta quanta nel fare altro da quello che dovremmo. Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo e alla sua giornata, e che si renda conto com’egli muoia giorno per giorno?”
Seneca si rese conto di come l’uomo usi male il suo tempo e di come non si renda conto del valore che dovrebbe dargli, in ogni attimo della sua vita.
Questi versi di Seneca, dice P. Lupia, m’ispirarono a paragonare l’arco di tempo della nostra vita al ciclo di una giornata di 24 ore. Supponiamo che l’aspettativa di vita di una persona sia di 80 anni, e che 24 ore corrispondano a 80 anni. Con una semplice equazione possiamo stabilire, all’incirca, in quale ora ci troviamo della nostra giornata, ovvero della nostra vita. Ad esempio, una persona di 51 anni si trova alle 15:30 della giornata, che ricordiamo terminerà alle 24. Infatti, se impostiamo l’equazione (80:24=51:X), 80 sta a 24 come 51 sta a X; in questo caso, X, cioè l’ora, corrisponde alle 15:30, interpretando i decimali a grandi linee.
Una persona di 60 anni, al contrario, trovandosi nel quadrante delle 18:00, deve pensare a come organizzare la serata e la notte, in quanto una buona parte della giornata è già andata via e quindi non può più pensare di fare quello che, di solito, si fa appena svegli.
Naturalmente, niente di scientifico, SOLO per capire in quale punto dell’orologio “vitale” si trova. Può essere, tuttavia, anche un modo per farci riflettere su come il tempo della nostra vita, se paragonato al tempo del mondo, sia un periodo veloce e limitato e per ben capire come ci siano ore della giornata in cui si possono fare determinate cose e ore in cui se ne possono, o meglio, se ne dovrebbero fare altre.
QUINDI, ogni ora, ogni minuto della nostra vita è prezioso e importante, e bisognerebbe dargli la giusta attenzione. Così come, dovremmo dare la giusta attenzione a ciò che si vuole o non si vuole fare durante una giornata. Sembrano banalità, ma il più delle volte l’uomo “moderno” non le considera e vive in un costante e illusorio senso di immortalità. (Vedi mio post del 07 aprile 2024 “Le Domande e i Misteri sulle Origini della Vita”)
E l’orologio della vita continua a scandire, inesorabilmente, i minuti e le ore.

Inoltre, l’analogia dell’orologiaio è un argomento teleologico utilizzato per sostenere l’esistenza di Dio. Perché l’esistenza di un prodotto, cioè i complessi meccanismi interni di un orologio, necessitano di un “progettista” intelligente, come nel caso di un orologio, la complessità di X (un organo o organismo particolare, la struttura del sistema solare, la vita, l’intero universo) necessita di un “progettista”.
L’analogia è stata usata come mezzo per spiegare la struttura e il disegno intelligente dell’universo e la relazione di Dio con esso.
Cicerone ha anticipato l’analogia dell’orologiaio nella sua opera De natura deorum (Sulla natura degli Dei), ii. 34:
«Se ti capita di osservare un orologio a sole o una clessidra ad acqua, comprendi subito che l’indicazione dell’ora è dovuta all’arte del costruttore e non al caso. Orbene, è forse coerente ammettere tutto questo per poi disconoscere senno e ragione alla natura che raccoglie in sé le arti, gli artisti e gli esseri tutti?»
Mentre Robert Boyle parlava così dell’universo:
«È come un orologio raro, come può essere quello a Strasburgo, in cui tutto è così abilmente concepito, che, una volta realizzato, tutto procede secondo il progetto del creatore, e il movimento… non richiede l’intervento del creatore o di qualunque altro agente intelligente, ma esegue le sue funzioni per virtù del progetto primitivo e generale dell’intero meccanismo.»
In questa concezione, l’universo manifesta la saggezza e il potere di un Dio che è stato in grado di creare l’universo così abilmente che, una volta messo in moto, procede correttamente senza altro intervento da parte del suo creatore. Si pensò che un universo che avesse richiesto costanti “riparazioni” divine per procedere correttamente si sarebbe riflesso negativamente sulle abilità del suo creatore, così come un orologio che non funziona molto bene si riflette negativamente sulle abilità dell’orologiaio. Quest’accresciuta attenzione per le leggi della natura è stata una delle ragioni per il crescente scetticismo riguardo alle attestazioni di miracoli (cioè eventi che contraddicono le leggi naturali).
Ancora, Voltaire trovava l’argomento del disegno intelligente di suo gusto, ma sembrava essere consapevole delle sue limitazioni e lo trattava cautamente. Nel suo Trattato di metafisica (1736), Voltaire considera l’analogia dell’orologiaio e conclude che probabilmente indica l’esistenza di un disegnatore intelligente potente, MA non prova che il disegno provenga da Dio.
«… Perciò, quando vedo il meccanismo del corpo umano, concludo che un essere intelligente ha progettato questi organi per essere nutriti all’interno del ventre materno per nove mesi; gli occhi per vedere, le mani per afferrare e così via. Ma da simile argomento, non posso concludere nient’altro, a parte per il fatto che sia probabile che un essere intelligente e superiore abbia preparato e dato forma alla materia con abilità; non posso concludere da tale argomento e basta che questo essere abbia creato la materia dal nulla o che sia infinito in qualsiasi senso si intenda. A ogni modo cerco con intensità dentro la mente mia la connessione tra le seguenti idee — “è probabile che io sia il prodotto di un essere più potente di me stesso, quindi questo essere è eterno, quindi ha creato tutto quanto, quindi è infinito e così via.” — Non riesco a intravedere il filo che porti direttamente a quella conclusione. Posso solo constatare che v’è qualcosa di più potente di me stesso, e nient’altro.»
William Paley ha usato l’analogia nel suo libro Teologia Naturale. In esso, Paley scrive che se viene ritrovato un orologio, è più ragionevole pensare che qualcuno l’abbia dimenticato e che sia stato fatto da un orologiaio, e non da forze naturali.
INFINE, il libro di Richard Dawkins, L’orologiaio cieco, sostiene che sistemi altamente complessi possono essere prodotti da una serie di piccoli passi, piuttosto che da un architetto intelligente.
Ma noi, o l’orologiaio, pur volendo scoprire qualche verità, non potremmo visitare pianeti lontani, perché la durata del viaggio sarebbe troppo lunga rispetto alla vita eccessivamente breve.
Perciò, rimaniamo dove siamo e ascoltiamo i battiti del tempo dell’orologio.

Immagine: L’orologio astronomico di Praga della Repubblica Ceca. Antichissimo, risale al XV secolo ed è stato realizzato dal maestro orologiaio, conosciuto come Hanuš.
Il maestro Hanuš venne selezionato dai consiglieri cittadini di Praga per realizzare un dispositivo che non avrebbe solo misurato il tempo, ma avrebbe avuto anche altre funzionalità.
In realtà, un documento scoperto nel 1961 attesta la creazione dell’opera all’orologiaio imperiale Mikuláš of Kadaň, che ideò l’orologio nel 1410, con l’aiuto dell’astronomo Jan Sindel.
Al suono dell’ora, la finestrella si apre e i 12 apostoli sfilano nella parte superiore. Intanto, le sculture che circondano il quadrante sono messe in movimento: una con una clessidra che rappresenta la Morte, una con uno specchio che è la Vanità.

Nota:
*** Sintesi art. di P. Lupia – Psicologo (CZ) “L’orologio della vita” da https://www.psicologi-italia.it/

COMMENTO
Giovanni Romeo,
una delle ragioni per il crescente scetticismo riguardo alle attestazioni di miracoli (cioè eventi che contraddicono le leggi naturali). Questa è una considerazione da tenere in maggiore conto.

RISPOSTA
Infatti, caro Giovanni, quando tempo fa sono stato invitato a Roma per la presentazione del “Talmud Babilonese”, dove tra gli altri incontrai Corrado Augias, ed Egli, nei vari discorsi, mi indicò un libro straordinario su ciò che avviene al nostro organismo durante le esperienze mistiche: Neuroscienze, storia delle religioni di F. Fabbro, per descrivere i fenomeni di estasi e trance a partire dalle recenti ricerche sul cervello e sul sistema nervoso. Colsi così l’occasione per approfondire l’argomento.

1° MIO COMMENTO
Ecco quanto ne ho dedotto:
Premesso che l’autore, da diversi anni, ha concentrato la sua attenzione sulla sfera del sacro e in particolare sui fenomeni di estasi e beatitudine su cui si imperniano le tradizioni spirituali, esaminando alcune delle principali ipotesi per spiegare l’esistenza, negli esseri umani, di circuiti cerebrali coinvolti nell’esperienza religiosa.
Le dimensioni del sacro nella vita umana trovano la loro espressione in tre principali comportamenti: le credenze, le pratiche e le esperienze spirituali, chiamate anche esperienze “mistiche”. Si tratta di situazioni particolari – spesso evocate dalla meditazione e dalla preghiera – nelle quali un individuo può sperimentare percezioni esplicite (ad esempio avere visioni o udire voci) o vaghe (vicinanza al numinoso), associate a un vissuto emotivo.
In conclusione, essendo l’argomento molto lungo e complesso, la spiritualità sarebbe quindi una strategia evolutiva per riempire di senso la vita e per rispondere all’angoscia causata dalla consapevolezza della propria morte.
Anche Voltaire affronta l’argomento dei miracoli e osserva che essi erano necessari per la Chiesa che stava nascendo. Se Dio in persona fosse venuto tra gli uomini, avrebbe dovuto dimostrare di essere superiore alle leggi della natura proprio compiendo veri miracoli.
Del resto, l’argomentazione di Voltaire non è diretta contro il miracolo in sé, ma contro la pretesa che esso consista nella violazione delle leggi della natura, le quali, lo ripetiamo, sono di per sé sufficientemente meravigliose per caratterizzare il miracolo in quanto tale.
Che il miracolo come violazione delle leggi fisiche e matematiche sia impossibile, Voltaire lo argomenta ricordando che, in base a tale definizione, esso sarebbe una contraddizione, perché una legge non può essere al tempo stesso immutabile e violata.
Mentre Rousseau poi porta un argomento contro la possibilità del miracolo che, anziché porsi dal punto di vista di Dio, lo considera nella prospettiva umana. Se il miracolo è un’eccezione alle leggi della natura, per valutarne l’autenticità con la massima certezza è necessario conoscere tutte le leggi della natura. Infatti, colui che sostiene il carattere miracoloso di un certo evento ammette di conoscere tutte le leggi della realtà materiale e di essere certo che il miracolo è un’eccezione di qualche legge. In caso contrario, sarebbe sempre possibile che l’evento miracoloso non sia l’eccezione di una certa legge, ma il caso particolare di una legge non ancora scoperta.
I miracoli sono le prove delle persone semplici, che hanno una conoscenza assai limitata della natura. Ma la crescita della conoscenza scientifica dei fenomeni fa diminuire il numero di coloro che sono disposti a credere senza comprendere ciò che, se fosse compreso, impedirebbe loro di considerare certi fatti come dei miracoli.
È così facile comprendere, ormai, che non è possibile affidarsi ai miracoli per sostenere o negare la verità di una certa dottrina, perché i miracoli in quanto tali non provano nulla: «Se la dottrina è stabilita, il miracolo è superfluo, e se essa non lo è, non può dimostrare nulla». Rousseau precisa di non aver affatto respinto i miracoli, come recita l’accusa nei suoi confronti, ma di non averli considerati essenziali al cristianesimo.
Nella concezione di Spinoza, il miracolo è impossibile perché sarebbe senza causa, mentre tutto ciò che accade in natura è l’effetto di una causa precisa, di cui l’uomo può avere una conoscenza adeguata o inadeguata; perciò non esiste alcuna conoscenza del miracolo in quanto tale.
La stessa definizione di miracolo si trova in David Hume: «Il miracolo è un’infrazione…»

Concludiamo con due domande finali. Possiamo dire che la vita è un miracolo? O, anche, che l’universo è un miracolo?
Ciao e grazie della precisazione (questa è una considerazione da tenere in maggiore conto).

Nota: La questione dei miracoli in Voltaire e Rousseau di Claudio Tugnoli, 30.7.2018 su https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/claudio-tugnoli-32