Visto che negli ultimi tempi molti si sono “assentati”, forse perché non avevano considerato la brevità della vita o pensavano di rinascere dalle proprie ceneri, come un’araba fenice, o non sapevano che non vi è alcuna immortalità. Da lì nessuno è più tornato.
X- Riavvolgere il nastro della storia della nascita della vita su questa Terra e della scienza è un esercizio che regala molteplici sorprese e sollecita riflessioni profonde. Il nascere e il morire, due momenti essenziali dell’esistenza umana. Il primo e il dopo della vita, entrambi coperti da una medesima oscurità. In realtà, la nascita e la morte hanno bisogno del pensiero, e questa dipendenza, da indagare, da studiare e chiarire, è poi il vero centro della nostra riflessione di oggi. (x)
Perciò
- è utile dare valore alla nostra breve esistenza, perché il suo valore sta proprio nella fragilità e nella contingenza del nostro destino;
- fare un “viaggio” alle origini della vita su questa terra e chiedersi da dove vengono il nostro universo, la Terra, lo spazio fisico, la vita, i nostri pensieri. Dal Nulla? Le religioni, dove la ragione non arriva, risolvono con la fede i grandi interrogativi dell’uomo sulla vita, stabilendo che la vita terrena è soltanto un passaggio per l’aldilà. Mentre per i biologi, la morte è il prezzo che la vita deve pagare per permettere a organismi più complessi di evolversi (Edgar Morin);
- considerare il tempo impiegato per ogni azione e per quello trascorso inutilmente; — misurare il tempo dell’esistenza;
- stare sempre in ascolto… nel caso un alieno volesse parlarci di una seconda Terra e una seconda vita (hihihi);
- decidere (vista la brevità) di godersi la vita.
Ed è nel darsi uno scopo che ognuno di noi, anche senza saperlo, cerca la felicità. L’uomo è felice non quando è sazio, ma quando è capace di vittoria. (F. Nietzsche)
Pertanto che scopo ha la nostra vita? Ve lo siete mai chiesti? Qualcuno cerca di sopravvivere e c’è chi risponde che la domanda è senza senso.
‘Chiederci il perché di tutte le cose è una domanda legittima, ci aiuta a progettare le nostre azioni in modo che abbiano successo’, commenta E. Boncinelli.
Mentre, l’universo ha invece una sorta di scopo. Quale? Proprio lo sviluppo della vita. Coincidenza?
La vita (forse) è nata così, dal saggio di uno dei maggiori esperti mondiali sulle origini degli esseri umani sulla Terra.
Nel libro La culla della vita, J. William Schopf racconta in modo coinvolgente, aprendo la strada a una nuova fase della ricerca su come la vita si è evoluta sulla Terra, e dimostra che la vita non si è sempre evoluta come si pensava e che l’evoluzione stessa è andata incontro a un’evoluzione. Il punto di svolta nell’evoluzione dell’evoluzione sarebbe stato l’arrivo del sesso, circa un miliardo e 100 milioni di anni fa. Il primo organismo che intraprese un’attività sessuale era una cellula flottante di plancton che, diversamente dagli organismi che si riproducevano per divisione asessuale, come le cellule del nostro corpo, aveva un meccanismo in grado di rilasciare cellule sessuali nell’ambiente. Il sesso aumentò la variazione all’interno della specie, le diversità tra le specie e rese più veloce l’evoluzione e la genesi di nuove specie. (2)
Mentre, per Jeffrey L. Bada, direttore presso il centro NASA, si cerca sulle comete il mistero della vita. “Una delle ipotesi sulla nascita della vita sostiene che il materiale genetico delle prime forme viventi (quello che oggi è diventato il DNA e l’RNA) fosse composto da semplici amminoacidi.” Queste molecole, che contengono principalmente carbonio, azoto, idrogeno e ossigeno, non sono sintetizzate necessariamente dagli organismi, ma in determinate condizioni possono anche essere generate da reazioni chimiche naturali, come si pensa avvenga, per esempio, all’interno delle comete.
“La maggior parte del materiale organico che arriva sulla Terra – dice Bada – proviene dalla cosiddetta polvere interstellare, che perlopiù si suppone sia trasportata dalle comete, i cui composti hanno favorito la nascita della vita, ma escludo che questa possa essere ‘venuta dal cielo’. La vita ha avuto origine sul nostro pianeta, grazie a un insieme di apporti terrestri e cosmici.” (3)
Per quanto maestose possano essere le inimmaginabili profondità dell’universo, e per quanto modesta appaia la Terra in confronto, è sulla Terra che viviamo ed è sulla Terra che dobbiamo tornare.
Tra tutti i mondi che conosciamo, è il solo la cui temperatura consenta la presenza dell’acqua in tutti e tre i suoi stati.
La storia della Terra, delle sue vicissitudini di fuoco e di ghiaccio, è la storia dell’evoluzione chimica e geologica che ha condotto all’evoluzione della vita.
Nata fredda e nuda, la Terra cominciò a scaldarsi quando il Sole divenne una stella compiuta e infuocata.
La Terra, come l’uomo, in evoluzione doveva subire molte trasformazioni ed, in embrione, non era sola: nelle sue vicinanze si era formata la Luna, nata da quella stessa nuvola di polvere stellare. (4)
Questa (la Luna), secondo l’organizzazione scientifica Pieta Research di Edimburgo, che si occupa di genetica e biologia molecolare, avrebbe giocato un ruolo essenziale nella nascita della vita. Stando a loro, il nostro satellite naturale (o, per meglio dire, la sua attrazione gravitazionale) avrebbe avuto un ruolo così importante che, senza la Luna, molto probabilmente la Terra sarebbe ora un pianeta morto.
Inoltre, vi è da dire che, una volta formatisi gli oceani, questi ultimi furono sottoposti a un ciclo delle maree molto più intenso e rapido di quello odierno. Ed è proprio questo fenomeno che avrebbe facilitato la nascita della vita.
Secondo lo studioso Richard Lathe, del suddetto istituto, il rapido alternarsi di alta e bassa marea avrebbe avuto sui primissimi esemplari di DNA un effetto analogo a quello esercitato dalla PCR: è noto, infatti, che una bassa concentrazione salina favorisce la divisione del DNA, mentre un’alta concentrazione permette l’unione tra i filamenti. (5)
COMMENTO 10.04.2024
Queste narrazioni rappresentano un fondamento essenziale per ogni cultura umana.
Molti hanno il desiderio di capire in che modo noi siamo venuti in essere.
Esistono molte versioni diverse della storia sulle origini della vita, ma chiunque sia interessato a seguire la descrizione scientifica dovrà spaziare su molte diverse frontiere scientifiche, e ciò comprende anche l’evoluzione della coscienza umana.
Buon viaggio.
Giovanni Romeo, 10-04.2024
Comincio a pensare che dibattere sulle origini della vita sia tempo perso. Dobbiamo capire chi siamo oggi e cosa sarà il mondo (gli uomini) nel prossimo futuro, e agire per migliorarlo, anche se ognuno nel suo piccolo.
Risposta al COMMENTO
Caro Giovanni, per capire chi siamo, dobbiamo prima guardare indietro, alle nostre origini, da dove proveniamo e perché, poi alle sue trasformazioni, distinguendo chiaramente il noto dal plausibile e riconoscendo l’esistenza dell’ignoto e dell’inconoscibile. È quindi un categorico imperativo che l’uomo si decida a conoscere le relazioni necessarie che lo uniscono al mondo cosmico da una parte, e ai suoi simili dall’altra.
COMMENTO
L’uomo è la personalità che ciascuno svela a sé stesso con l’introspezione. Così, la nostra idea sull’uomo varia secondo i nostri sentimenti e le nostre credenze.
Certo, l’umanità ha fatto uno sforzo gigantesco per conoscersi, ma, benché noi possediamo il tesoro delle osservazioni accumulate da sapienti, filosofi, ecc., l’uomo, come tutto, ci sfugge, non ne afferriamo che alcuni aspetti frammentari.
Ignoriamo anche il modo di migliorare il senso morale, il giudizio, l’audacia. Non sappiamo ancora quale sia l’ambiente più favorevole alla migliore evoluzione dell’uomo civile, così come la nostra conoscenza di noi stessi è ancora incompleta.
Vi è pure un’altra ragione del lento progredire della conoscenza di noi stessi: ed è la struttura stessa della nostra intelligenza, che ama la contemplazione delle cose semplici.
Il rinnovamento dell’individuo sarà possibile solo quando ne comprenderemo l’assoluta necessità.
Ma non possiamo iniziare un rinnovamento di noi stessi e del nostro ambiente se prima non trasformiamo il nostro modo di pensare. Gli uomini si elevano quando sono ispirati da un alto ideale, quando contemplano vasti orizzonti.
Sappiamo che tutte le forme di vita conosciute ruotano intorno all’armonioso accordo tra DNA e proteine. Ognuno ha bisogno dell’altro. Ma allora, chi è venuto prima? Questo è il paradosso (è nato prima l’uovo o la gallina?).
Nessuno si aspetta che gli acidi nucleici e le proteine nascano già pronti, dotati di tutte le loro proprietà di utilità reciproca. Prima deve essere nata un’associazione più grezza di sostanze chimiche, che si è affinata fino alla sua forma attuale con una successione di cicli di azione e retroazione uniti alla selezione darwiniana. In qualche modo, lungo il percorso, si è avuto un disgiungimento tra l’uovo e la gallina. Fin qui tutti d’accordo. Quello su cui le opinioni divergono è l’ordine di fondo degli eventi: chi avrebbe dato inizio al tutto? (6)
Uovo o gallina? Risponde la scienza
La maggior parte dei biologi sostiene che l’evoluzione dei vertebrati sia stata favorita dalla comparsa delle uova esterne dure, dette amniotiche, che permettevano di allontanarsi dall’acqua e di riprodursi al di fuori di essa. Le uova sono, infatti, cellule sessuali femminili alla base. Secondo Koin Stein, paleontologo del Royal Belgian Institute of Natural Sciences, “l’uovo è un passo fondamentale nell’evoluzione dei vertebrati”. La maggior parte degli anfibi, invece, è ancora vincolata all’acqua per la riproduzione, poiché le loro uova gelatinose devono essere mantenute umide per sopravvivere.
Gli esperti ritengono che le uova sgusciatesi siano evolute molto prima, rendendo l’uovo “antecedente al pollo”, secondo Stein. (7)
Da Darwin in poi si è portati a pensare che tutte le forme di vita sulla Terra derivino da un capostipite.
Nel corso degli anni, questa ipotesi ha acquistato via via sempre maggiore consistenza, ma vi è una reazione emotiva dei creazionisti (che fiorisce soprattutto negli Stati Uniti d’America) che combatte pertanto ogni concezione evoluzionistica e nega in particolare la realtà del fenomeno dell’evoluzione biologica.
Mentre molti teologi e studiosi, come il gesuita Teilhard de Chardin, accettano comunque il concetto di evoluzione, i neocreazionisti sentono questa apertura come una minaccia.
Attraverso il movimento “fondamentalista”, ribadiscono la validità indiscutibile dei dogmi sacri e si irrigidiscono nella loro ortodossia contro la maggioranza dei cristiani e dei cattolici, nonostante le due encicliche papali a favore dell’evoluzionismo, Providentissimus Deus e Divino Afflante Spiritu.
Oltre alle dichiarazioni di papa Wojtyła, già nel 1982 l’Accademia Pontificia delle Scienze, al termine di un convegno internazionale sul tema Recent Advances in the Evolution of Primates, riconosceva la totale liceità delle nuove teorie non in contrasto con la fede.
L’unica via, dunque, che ci si presenta come percorribile, al fine di giungere alla formulazione di ipotesi di partenza non del tutto arbitrarie per il nostro problema, è quella di determinare le modalità secondo cui quel particolare processo si è svolto: le nostre ipotesi dovranno infatti non essere in contraddizione con ciò che allora è avvenuto sulla Terra. (8)
Cosa c’è di più appassionante degli sforzi dell’uomo per penetrare il mistero della vita, che, tra l’altro, è quello della sua stessa costituzione e organizzazione? Vi è ancora maggior merito se si considera che la sua esistenza individuale è di brevissima durata, scriveva 100 anni fa Claude Bernard. (9/1)
La vita può nascondersi in luoghi e sotto forme inaspettate, e le vaghe conoscenze di “movimento” o di “calore” non bastano più a caratterizzarla, se vogliamo abbracciare il fenomeno nella sua totalità.
Una volta trovati i tipi di “sostanza” che compongono gli uni e le altre, sorge il problema di sapere come si forma questa materia prima, quali sono le sue proprietà, secondo quali processi si sviluppa, si moltiplica, si riproduce, si combina con le altre. Ma questa vita che si trasmette di generazione in generazione, da dove viene? Come si è formata e differenziata? Solo lo studio del passato offre qualche probabilità di trovare una risposta.
Però, prima di esaminare le varie teorie che sono state avanzate, e a cui Pasteur ha inflitto un colpo decisivo – quello della generazione spontanea, cioè senza che fosse necessario alcun “seme” –, la questione fondamentale rimane immutata: per quanto sappiamo, non nasce nessun vivente che non provenga da un altro essere vivente, cioè è il risultato di una riproduzione.
Inoltre, vediamo come le convinzioni religiose, o anche politiche, svolgano un ruolo altrettanto importante delle argomentazioni puramente scientifiche. Le due grandi tesi che si oppongono sono quelle del materialismo e dello spiritualismo, che è questione di fede. O la vita è stata generata dalla materia, o la cosa è avvenuta con l’intervento di una forza “esterna”: Dio o Spirito.
Per gli uni, il “principio” della vita è stato infuso nell’universo fin dalle sue origini e ha atteso solo il momento propizio per svilupparsi. Altro, al contrario, pensano che Dio, o lo “Spirito”, abbia gettato il germe della vita dentro la materia inerte in un preciso periodo del passato.
Materialista o spiritualista, ogni scienziato cerca ovviamente di portare prove per avvalorare ciò che afferma. (9/2)
Oggi, la tesi di due studiosi francesi, secondo cui l’esistenza di Dio può essere provata attraverso gli strumenti della scienza moderna, è sostenuta nel libro di M.-Y. Bollorè e O. Bonnassies. Ma un fisico (C. Rovelli) e un teologo (G. Tanzalla-Nitti), insieme alla grande maggioranza degli studiosi, giudica sbagliata un’impostazione del genere.
Un disegno poco intelligente.
La descrizione del mondo fisico elaborata durante gli ultimi due secoli si basa su alcune equazioni, dove compaiono certi numeri, chiamati “costanti fisiche”, come la massa delle particelle elementari o la costante cosmologica.
Ora, diversi lavori scientifici hanno mostrato che se queste costanti avessero valori diversi da quelli che hanno, il mondo come lo conosciamo non esisterebbe.
Mentre, per i due francesi, ne segue che ci deve essere stato qualcuno che le ha regolate a questo scopo e che ha lanciato il mondo proprio con queste costanti, affinché il mondo sia quello che è, noi compresi.
Ma noi sappiamo che non saremmo qui, perché il mondo che ci ha generato è quello di queste costanti, non di altre.
Quindi ci sembra, rispetto a ciò a cui noi diamo valore, che le costanti siano fissate “stranamente” proprio per generare ciò a cui noi diamo valore, cioè noi stessi.
Nulla, della stretta dipendenza di ciò che esiste dalle costanti, può legittimamente essere interpretato come prodotto da un disegno intelligente, ma può essere solo ipotizzato in base ad altre fonti di conoscenza, non strettamente empiriche. (Y)
Inoltre, l’Accademia del Vaticano promuove le idee di Darwin. Il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, Werner Arber, premio Nobel per la medicina, ha tenuto una relazione sui rapporti tra scienza e fede, presentata al Pontefice e ai membri del Sinodo dei vescovi, nella quale ha illustrato le basi della spiegazione evoluzionistica contemporanea. Arber ha scelto come esempio di acquisizioni scientifiche essenziali l’evoluzione dell’universo e l’evoluzione della vita sulla Terra, in quanto “fatti scientifici stabilmente accertati”.
Arber ha poi spiegato che le variazioni genetiche spontanee e la selezione naturale costituiscono la forza motrice dell’evoluzione biologica. Il premio Nobel ha sottolineato che esistono altri modi per cercare una compatibilità tra fede e scienza, nella sfera della ricerca personale di ognuno, senza negare le conoscenze scientifiche acquisite. (K)
Vediamo quindi in quali termini oggettivi viene posto il problema, il cui autore è Jules Carles. Egli scrive: “Possono essere considerate solo tre eventualità: o la vita è sempre esistita sul nostro globo, o è venuta da qualche altra parte, o ha avuto origine sul nostro pianeta, e qui interviene la biogenesi (bios = vita e genis = formazione, nascita)”.
Mi domando, ci domandiamo allora se alcuni “semi” provenienti dal Cosmo abbiano potuto atterrare sul nostro pianeta dopo che esso fu diventato “adatto alla vita”. Questa teoria è conosciuta dai biologi con il nome di “panspermia”, che significa “semi dovunque” (teoria di Svante Arrhenius).
Ma come fa notare J. Carles, bisognerebbe per prima cosa ammettere la presenza della vita su altri pianeti.
E, in ogni caso, i meteoriti che penetrano nell’atmosfera terrestre raggiungono, a causa della loro velocità, gradi di temperatura tali che si volatilizzano quasi tutti prima di toccare il suolo.
E anche supponendo che si sia prodotto un simile “miracolo”, “questa soluzione”, conclude J. Carles, “non soddisfa la mente, perché non fa spostare e ritardare la soluzione del problema.
Infatti, come è cominciata la vita in quei luoghi da cui sono partiti i nostri germi? Se questo pianeta è stato ‘inseminato’, dovremmo risalire ancora e sempre fino ad arrivare a quel primo luogo in cui è nata la vita”.
La risposta alle sue perplessità gliela offre un grande biologo, J. Rostand, citando il suo maestro Felix Le Dantec: “Non c’era acqua sulla Terra, ora c’è l’acqua, quindi l’acqua è comparsa. Non c’erano protoplasmi, ora ce ne sono, quindi è apparsa la vita”. In altre parole: noi constatiamo, ma non possiamo spiegare.
Ci vuole “qualcos’altro” e tutto sembra indicare che il “segreto” stia nelle proteine. Sono composte da due acidi, detti nucleici: l’acido ribonucleico (ARN) e l’acido desossiribonucleico (ADN). Ora, le proteine sono precisamente gli agenti che realizzano la sintesi delle molecole in cellula (quindi il passaggio dalla materia inerte alla materia vivente) e che permettono a questa di riprodursi per sdoppiamento. Le proteine appaiono dunque come il principio concreto, materializzato della vita.
Sfortunatamente, fino ad oggi non è stato però ancora possibile realizzarne la sintesi chimica, cioè artificiale.
Ciò non toglie che questa sia attualmente la sola forma di ricerca autenticamente scientifica che lascia intravedere all’orizzonte i primi barlumi della grande luce che illuminerà l’enigma della biogenesi. (9/2 a)
“Ogni essere umano comincia la sua esistenza personale sotto forma di una semplice cellula, l’Uovo”.
L’uovo, in seno al quale inizia la nostra avventura terrena, è il prodotto della fusione di due cellule in una: l’ovulo materno e lo spermatozoo paterno, che si sono “incontrati” e compenetrati poco dopo l’atto sessuale e nelle prime ore che seguono. L’uovo, che è un’unica e sola cellula, si scinde in due nuove cellule, che ne producono a loro volta quattro, e così di seguito fino a raggiungere gli innumerevoli miliardi di cellule che compongono successivamente l’embrione (8 prime sett), il feto e infine il neonato “completo”.
Inoltre, ogni individuo è il prodotto di due fattori, di cui uno è acquisito fin dall’inizio, mentre l’altro agisce durante tutta l’esistenza: l’ereditarietà, trasmessagli dai genitori al momento della procreazione, e l’ambiente, nel senso più ampio del termine. L’ambiente è costituito prima di tutto dal ventre della madre, poi dall’ambiente naturale, materiale, intellettuale e sociale.
In breve, l’ambiente rappresenta tutto ciò che è suscettibile di modificare dall’esterno il “dato” iniziale.
Pertanto, tutto ciò che fa del neonato un rappresentante della stessa linea zoologica dei suoi genitori e, al tempo stesso, una persona originale, diversa dalle altre per certi aspetti fisici e mentali, è DUNQUE contenuto potenzialmente nelle due cellule, paterna e materna, alle quali deve l’esistenza. (10/1)
“L’uomo è la misura di tutte le cose”, secondo Pitagora. Misura, perché egli riconduce tutto a se stesso e perché è il solo essere vivente (di nostra conoscenza!) che considera il mondo e la sua realtà secondo un ordine oggettivo. In questa definizione, l’accento è dunque messo sulla coscienza e sull’intelligenza, che sarebbero proprie della nostra specie. (10/2)
Ma è lungo il cammino verso l’uomo, che proviene incontestabilmente da “altrove”. Da dove?
Di fatto, ignoriamo tutto del luogo di nascita dei nostri simili. (10/3)
Noi sappiamo che l’avventura è cominciata sotto forma di una o parecchie cellule, fatte di composti chimici, che si sono raggruppate, organizzate, riprodotte e trasformate, e da cui sono risultati organismi sempre più complessi e diversificati. Noi constatiamo che questo movimento evolutivo è progredito in direzioni diverse, dando luogo a tutto un ventaglio di “rami”. Infine, come ultimo anello della catena, vediamo comparire l’Uomo.
Ma non sappiamo però mai perché la Natura ha fatto ciò. E l’Universo esiste da sempre o si deve supporre anche per lui una data di nascita? E, in questo caso, come concepire il nulla che l’avrebbe preceduto?
Comunque sia, il problema non è questo. Si tratta invece di mantenere il senso della relatività e dell’obiettività e di non dimenticare mai che la vita, le sue origini e la sua evoluzione sono e rimarranno sempre la vita, le sue origini e la sua evoluzione viste dagli uomini che se considerano lo sbocco finale.
Certo, in nessun caso si può rifiutare l’esistenza di un “Essere supremo” che abbia dato il via e diretto il corso di questa evoluzione.
Indubbiamente, per molto tempo ancora, ci saranno opere che riguarderanno i fondamenti della vita e l’angoscia dell’uomo, che cerca di capire il significato del suo breve passaggio sulla Terra.
Ma sappiamo anche che la Terra non è eterna. Se in quel momento voi esisterete ancora, sarete costretti a rifugiarvi nel pianeta vagante Facebook. (10/4)
Riassumendo, nel momento in cui noi fummo concepiti, i geni contenuti nei cromosomi dello spermatozoo paterno si unirono con quelli dei cromosomi dell’uovo materno, a formare il nostro patrimonio individuale. Era questo il nostro programma, destinato a realizzarsi nel corso dello sviluppo embrionale, fetale, dell’infanzia, della pubertà e della maturità. Noi dunque siamo la realizzazione del programma prescritto dal patrimonio ereditario. Per dirla con François Jacob: “Alla consapevole intenzione di uno Spirito si è sostituita la traduzione di un messaggio. L’essere vivente rappresenta, sì, l’esecuzione di un disegno, ma di un disegno che nessuna mente ha concepito; esso tende verso un fine, ma un fine che nessuna volontà ha scelto. L’unico fine dell’essere vivente è predisporre un programma identico per la generazione successiva, cioè riprodursi.”
Il prodigioso sviluppo della biologia molecolare ci ha insegnato che tale programma è “scritto” sotto forma di un “alfabeto” di quattro lettere – A, T, G, C – (Adenina, Timina, Guanina, Citosina), le quali possono dar luogo a 64 “triplette”, ciascuna delle quali viene “trascritta” su di un “messaggio”, il quale viene “tradotto” per dar luogo alla formazione di molecole di aminoacidi, capaci di riunirsi in innumerevoli combinazioni a formare molecole proteiche. Senza entrare nei particolari della biochimica dell’eredità, si vede come questa essenziale proprietà della materia vivente sia descrivibile in termini di “linguaggio”, di “codice genetico”. La riproduzione di un organismo può quindi venir ricondotta all’informazione, alle istruzioni contenute nell’uovo fecondato, che determinano le strutture molecolari, i piani architettonici del futuro organismo e i dispositivi grazie ai quali i piani potranno essere realizzati. (11)
Possiamo dire quindi che gli esseri viventi, scrive E. Boncinelli nel suo libro La scienza non ha bisogno di Dio, e in particolare gli esseri umani, sono il trionfo dell’informazione. Siamo fatti di materia, abbiamo bisogno di trasformare continuamente una certa quantità di energia. L’informazione degli esseri viventi viene primariamente dal loro DNA, cioè proprio dal loro patrimonio genetico, e fluisce per tutto il corpo, attraverso “una serie di istruzioni per l’uso” destinate alle cellule e alle loro componenti elementari. (12/1)
Non sono ancora ben chiare le ragioni per cui una copia del patrimonio genetico sia conservata in ogni cellula; questa è una delle tante cose che per ora non capiamo del tutto e che probabilmente si è originata per una particolare combinazione storica, come quasi tutto quello che succede in biologia. Siamo tutti derivati da organismi unicellulari e la pluricellularità è nata, non si sa bene quando, da aggregazioni di cellule diverse che contenevano fin dall’inizio un patrimonio genetico. (12/2)
L’enorme quantità di cellule che compongono l’organismo si è venuta strutturando a poco a poco a partire da un’unica cellula, che i biologhi chiamano “zigote” e che è poi la cellula-uovo della madre fecondata dallo spermatozoo del padre.
Lo zigote si divide in due cellule, queste in quattro, poi in otto, eccetera, fino ad arrivare al numero finale. Contemporaneamente devono succedere due eventi di importanza capitale: si devono formare i vari tessuti del corpo e questo deve prendere la sua forma finale, all’interno e all’esterno. (12/3)
Siamo così vasti e complessi e ci sviluppiamo talmente in fretta, che nessun genoma potrebbe sovraintendere con precisione e puntualità a ogni minimo evento della nostra crescita e della nostra vita. E poi c’è una questione di rilevamento. Nella vita, a noi interessa più ciò che ci differenzia dagli altri individui rispetto a ciò che ci accomuna a essi. Se fossimo specificati in tutto e per tutto dai nostri geni, non ci sarebbe l’individualità, cioè la libertà di essere diversi dagli altri, anche se entro certi limiti.
È una sorta di giustizia distributiva e uno degli argomenti più interessanti nello studio delle umane predisposizioni e doni, tanto fisiche quanto psichiche e intellettuali.
Il progetto genetico, in conclusione, va incontro alle sollecitazioni dell’ambiente e il tutto viene rifinito e finemente modellato dall’azione subdola ma creatrice del caso.
Con il risultato che ognuno è diverso da ogni altro.
Dice il poeta del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia:
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l’aria infinita, e quel profondo
Infinito Seren? Che vuol dire questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell’innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D’ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. (12/4)
Ecco che ciascuna delle caratteristiche degli esseri viventi deve essere preservata nella continuità.
Tutti gli eventi del mondo hanno una continuità; il tempo non si ferma mai.
L’elemento chiave di tale continuità è senza dubbio il possesso di un genoma, a breve e a lungo termine. Ci vuole anche una qualche struttura cellulare, che è stata costruita sulla base delle indicazioni contenute nel genoma stesso, ma in tempi leggermente diversi. Ecco allora che la continuità della vita è sorretta, se non garantita, da questa seconda doppia scansione temporale. Questo sfasamento temporale, per quanto piccolo, tra il DNA e i suoi prodotti essenziali per la sopravvivenza è una delle caratteristiche più interessanti del fenomeno vita. (12/5)
Dal punto di vista della fisica e della chimica dell’universo, la vita è un solo esperimento, è un’unica avventura che non accenna per il momento a concludersi.
Anche l’essere umano non è costretto a ripartire sempre da zero; quando la cellula-uovo da cui è originario è stata fecondata dallo spermatozoo, non ha dovuto ricominciare da zero e passare attraverso tutte le situazioni verificatesi in questi quattro miliardi di anni, perché aveva in sé una specie di riassunto delle puntate precedenti, che è definito genoma. In quest’ottica della vita come un unico evento, il genoma è lo strumento principe della continuità non solo genetica ma anche fisica dei vari episodi dell’unico evento.
Ma come riesce un nuovo organismo a tenersi in comunicazione con secoli e secoli di eventi biologici precedenti e trarne profitto? A parte il vivere in una certa atmosfera, tutto quello che lega direttamente un nuovo organismo superiore alla vita passata è la cellula da cui si sviluppa.
Quindi è il genoma ad assicurare e realizzare la continuità.
È bene chiarire che, nonostante un larghissimo numero di studi e l’impegno di tante prestigiose istituzioni, non si sa con precisione come sia nata la vita, cioè come si sia formata la prima cellula. (12/6)
Si conclude qui, per il momento, il nostro lungo viaggio attraverso le idee.
Potremmo continuare con la morte termica dell’Universo, che potrebbe essere la prova dell’esistenza del grande orologiaio, perché la causa dell’Universo deve essere di natura non naturale, ossia trascendente. Questo implica che tale causa non appartiene al nostro universo fisico, ma esiste al di fuori e al di là delle sue leggi e dimensioni conosciute.
Bibliografia:
- X art di Riccardo De Benedetti su Avvenire del 3 aprile 2024, “A nascita e morte serve un pensiero” – commento al libro di Catherine Chalier Come un chiarore furtivo. Nascere, morire
- Focus 05/2003, pag. 127
- Articolo di Gilberto Corbellini su Domenica, n. 280 Sole 24 Ore del 12 ottobre 2003
- Articolo di Lara Ricci su Sole 24 Ore del 30 marzo 2001, pag. XIII
- Articolo di Isaac Asimov su Fuoco e ghiaccio. Evoluzione della Terra, pag. 35
- Articolo del 20.03.2004 Sole 24 Ore Edimburgo (r.m.)
- Articolo dal libro di Paul Davies Da dove viene la vita, pag. 134/135
- Articolo da OrizzontEnergia 15 febbraio 2003 di Luca Spigarelli
- Articolo Dossier Scienza n. 5 luglio-agosto 1986, pag. 12-18-23 (Rossella Castelnuovo), pag. 25
9/1 e 2, Sintesi dal libro I misteri delle origini della vita vol. n. 1, presentati da Albert Demazière e testo di Yves Verbeek, pag. 13, pag. 59/60, 70/76
Y. Sintesi articolo di Carlo Rovelli e Giuseppe Tanzella-Nitti su Il Corriere della Sera del 25.3.2024, “Un disegno intelligente”
K. Sintesi articolo di Telmo Pievani del 22.10.2012 su Il Corriere della Sera, “L’Accademia del Vaticano promuove le idee di Darwin”
10/1 a 4. Sintesi dal libro I misteri delle origini della vita vol. n. 2, pag. 26/28, 55, 83, 93/99 - Sintesi dalla rivista Epoca, “La scoperta dell’uomo 1975”, autore Adriano Buzzati Traverso, Eredità biologica e società, pag. 28
12/1 a 6. Sintesi dal libro di Edoardo Boncinelli La scienza non ha bisogno di Dio, pag. 58-75, 107/108, 119/120, 124/125, 129/131